Con il passare degli anni la percezione dell’estate si è fatta sempre più complessa e disarticolata, annunciando una propaggine nei mesi del calendario che la precedono, come un fusto insidioso, sotterraneo e molesto, oppure allungando le proprie ombre fino all’età aurea delle foglie caduche.
Il mistero che ha circondato l’infanzia delle mie estati, scrutando l’orizzonte meridionale in cerca di tracce dell’esistenza adulta, soffocata dalla calura e dal bagliore senza confini del sole nudo, ha lasciato poco alla volta il posto a un grido di sofferenza diffusa, lenta e penosa, che mi ha informato sul rovescio delle cose e della loro inerzia.
L’estate preparava l’amore, addirittura in sua presenza. Mentre tutti si innamoravano, io lasciavo al tempo fare il paziente lavorìo della solitudine che raggiunge la dismisura per poi trovare di nuovo il lago immacolato della prima volta.
L’estate che sto attraversando, con i suoi interminabili vicoli e calli, le sue peripezie intorno al vuoto degli spazi cosmici, le sue ripartenze, insperate, a onta del fatto che il tempo rovina inesorabile, questa estate è stata presa alla sprovvista da un’altra stagione e ora, finalmente, ne attendiamo la parte migliore.
Il meglio dell’estate.
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Ciao 🙂 ti capisco, anche per me l’estate è una stagione difficile da tradurre. Tutte quelle emozioni che provavo in primavera sembrano svanire con il caldo dell’estate. Devo imparare ad assumere nei suoi confronti un atteggiamento più lineare e meno impulsivo e non sempre ci riesco… solo adesso ne sto capendo l’importanza di essere leggeri e sgombro da polverosi sentimenti che mi porta da un lontano inverno…
L’estate, questa sconosciuta.